Giornata di studi – Aula magna, Ore 10.00
Inaugurazione h 16.15:
Martedì 4 dicembre, nel cortile della sede centrale dell’Accademia di Belle Arti di Venezia, sarà presentata la prima edizione della manifestazione Gemmazioni – Cicli e ricicli tra le generazioni dell’arte, installazione di opere realizzate da giovani artisti formati nella storica istituzione veneziana.
L’esposizione, che si costituirà come un laboratorio collettivo che definirà in itinere i propri contenuti, sarà integrata alla giornata di studi sul tema Arte, Formazione, Ambiente.
L’Accademia, in collaborazione con la Provincia di Venezia – Assessorato alle Politiche ambientali, si propone con questa iniziativa di sottolineare la necessità di favorire, nella formazione delle nuove generazioni di artisti, lo sviluppo di una visione consapevole dell’ambiente e del territorio.
In questa prospettiva saranno presentate le attività didattiche, di ricerca e di produzione artistica programmate dall’Accademia di Belle Arti in collaborazione con il Comune di Venezia, Palazzo Grassi, la Ca’ Foscari Summer School, il Teatro La Fenice, la Marco Polo System GEIE.
La giornata di studi sarà l’occasione per evidenziare le finalità di questi produttivi scambi tra l’Accademia e le altre prestigiose istituzioni veneziane, sottolineando le relazioni fra formazione e ambiente, anche in considerazione del contesto culturale e delle peculiarità del territorio lagunare.
L’installazione dei giovani artisti, su progetto coordinato da Aldo Grazzi con la collaborazione di Marta Allegri, Mirella Brugnerotto, Guido Molinari, Roberto Pozzobon e Cristina Treppo, prenderà forma sui luoghi dove è stata realizzata l’opera costruita da Urs Fisher con gli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Venezia e in collaborazione con Palazzo Grassi. L’opera firmata dall’artista svizzero, concepita per trasformarsi e gradualmente dissolversi per azione degli elementi e delle variazioni climatiche, è stata ospitata nel cortile dell’Accademia da aprile a novembre di quest’anno.
Objet trouvé, poubelle non sono altro che termini nobilitanti per indicare spazzatura, immondizia, scarti utilizzati nell’ambito della ricerca artistica contemporanea. L’utilizzo del rifiuto, a volte sgradevole a vedersi, si pone come contrario estetico di ciò che solitamente associamo al concetto più nobile di arte. Non a caso è proprio dalle posizioni dissacranti del Dada, in particolare da Kurt Schwitters, che giunge questa nuova possibilità di espressione a disposizione dell’artista. Il successo nell’arco del Novecento è stato straordinario se pensiamo ai numerosi protagonisti del mondo dell’arte che hanno continuato a realizzare opere con presupposti estetici simili. Addirittura è avvenuto che nell’ambito dell’architettura, come anche del design contemporaneo, questa possibilità di riutilizzare lo scarto si sia integrata con posizioni etiche oggi di primaria importanza, in vista di un traguardo verso una produzione di massa ecosostenibile e priva di sprechi. Ma torniamo all’arte ed ampliamo il punto di vista. Il concetto di appropriazione e di reimpiego può costituire persino una nuova disposizione concettuale se applicato ad opere, poetiche o approcci di altri artisti. L’appropriazione di un filo conduttore estetico che qualcuno ha, volontariamente o involontariamente, messo a disposizione può rivelarsi uno stimolo intrigante da seguire. Nel nostro caso la dissoluzione intenzionale dell’opera di Urs Fischer ha dato luogo ad una continuazione imprevista. Alcuni giovani artisti dell’Accademia, che in parte hanno collaborato proprio con Fischer a dare forma all’intervento iniziale, hanno disposto nuove realizzazioni occupando l’ingombro materiale della macro opera precedente. Insomma la strategia creativa di partenza, la sua intenzionalità, si offre ad una quota di apertura che altri coglieranno. La trasformazione verso esiti imprevisti diviene l’elemento di fascinazione. Allo stesso tempo la più completa visione d’insieme, che riunisce ciò che è posto all’inizio con ciò che si pone come continuazione, assume un valore nuovo, sorprendente.
Guido Molinari
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