Bart Dorsa. Katya
a cura di Dimitri Ozerkov Fondamenta delle Zattere Evento Collaterale della 55° Biennale di Venezia e MMOMA -Museo di di Arte Moderna di Mosca“Katya” è un’esposizione di lastre fotografiche al collodio di argento su vetro e sculture che si presentano come “stampate” in tridimensione su lamine bronzo, sparate dalle foto. Tutto calato in un ambiente totalmente oscurato, con faretti direzionali solo sulle immagini.
Il progetto “narra” di una storia di una ragazza russa. Katya, il soggetto intimo dell’esposizione per l’artista americano incarne l’archetipo mitico. Un tema primario nel lavoro di Dorsa. La storia di Katya che nasce nell’estremo Oriente della Russia e di sua madre che dopo il divorzio si autoreclude in un convento Ortodosso. Quando Katya compie 13 anni si trasferirono a Mosca. La libertà tutta nuova nel megalopoli porta per contrasto Katya nel cerchio della sottocultura estrema di Mosca delle varie forme di alterazione del corpo, segnando la sua cronaca in diretta sulla sua pelle, faccia e corpo.
Dorsa stampa la sua modella su vetro con una tecnica singolare, catturando questa topografia tracciabile dentro l’illuminazione del corpo di Katya. Una lente e la lastra emulsionata in mano, dentro una camera obscura che ingloba l’intero set di posa. Il processo fotografico ridotto all’osso, spolpato fino al contatto diretto con la rifrazione della pelle fra le mani dell’artista. Ora la lente è l’unico elemento intermedio tra il modello e la lastra di vetro che l’artista tiene nelle sue mani. L’immagine è stampata direttamente sulla sua superficie ricettiva.
L’artista si compara ai veggenti nell’allegoria di Platone: “Legati guardavano fisso alle ombre proiettate contro il muro di retro della caverna che era la loro prigione. Questa è la visione che io ho delle ombre del mio subconscio. La mia camera obscura è una grotta. Io sono incatenato dentro, fissando la lastra di vetro alle ombre ed immagini buie riflesse dai corpi e le facce che sfilano di fronte al mio pezzo di vetro.”
Apparentemente identiche, le immagini repetitive di Katya sono riprodotte in sequenze ossessive provocando un effetto sinfonico intenso. La mostra verso l’esposizione stessa delle immagini illuminate da spot dentro il buio dell’allestimento amplifica il ritratto psicologico e penetrante di Katya come autoritratto dell’artista.
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