Assunta Adelaide Luigia Modotti, Tina. Risulta alquanto difficile riassumere in poche righe la sua complessa vita, fitta di avvenimenti di ogni genere.
La mostra Tina Modotti, la Nuova Rosa. Arte, storia e nuova umanità ospitata a Udine presso Casa Cavazzini, rende omaggio a questa personalità unica, di indole caparbia, forte, libera. In esposizione una ricca documentazione materiale, epistolare, filmica e fotografica che riesce a trasportare il visitatore nel preciso clima storico e culturale vissuto da questa straordinaria donna del Novecento.
Prima di parlare della sua vasta opera è doveroso spendere alcune parole riguardo la sua vita; prima della sua fotografia ci sono la sua intricata esistenza, i suoi incontri, le sue storie, i suoi grovigli amorosi, le battaglie personali. Non si può citare alcuno suo scatto senza essersi addentrati – almeno brevemente – nel suo colmo vissuto.
Tina nasce il 17 agosto 1896 a Udine, in Borgo Pracchiuso da genitori operai. Nel 1898 affronta la sua prima emigrazione, la famiglia per motivi lavorativi si trasferisce in Austria e fa ritorno nel paese d’origine nel 1905. Si avvicina alla fotografia da giovanissima iniziando a frequentare lo studio dello zio, Pietro Modotti. A 17 anni raggiunge la famiglia che si trova negli Stati Uniti. A San Francisco trova un impiego come sarta ed inizia a frequentare gli ambienti culturali; si lega sentimentalmente al poeta e pittore Roubaix del’Abrie Richey, soprannominato Robo, iniziando una convivenza. Nel 1920 ha una breve esperienza come attrice, famosa è la sua interpretazione in The Tiger’s Coat (regia di Roy Clement); l’ambiente troppo commerciale non le si confà e lo abbandona presto.
Qualche anno dopo due lutti colpiscono la sua vita, vengono a mancare dapprima il compagno Robo ed in seguito il padre Giuseppe.
Nel 1923 si trasferisce in Messico con il fotografo Edward Weston e grazie a questa vicinanza Tina affina la sua abilità nella fotografia che diventerà la sua principale occupazione lavorativa. Entra in contatto con i grandi muralisti dell’epoca, David Alfaro Siqueiros, Diego Rivera e Clemente Orozco e si inserisce nel fermento post-rivoluzionario.
Il rapporto con Weston si affievolisce e continua per via epistolare; per qualche anno si avvicina al pittore e militante Xavier Guerrero ed entra a far parte del Partito Comunista. Nel 1927 Tina pubblica i suoi scatti su molti giornali di sinistra, come ad esempio El Machete, l’organo ufficiale del Partito comunista messicano. L’anno seguente vive una nuova relazione con un giovane rivoluzionario cubano, Julio Antonio Mella, ma il loro amore viene stroncato dalla morte del compagno avvenuta per mezzo dei sicari dell’allora dittatore cubano. Il 3 dicembre del 1929 i suoi scatti sono ospitati in una retrospettiva all’Università Autonoma di Città del Messico, esposizione considerata come la prima mostra fotografica rivoluzionaria per l’esplicito contenuto tematico, supportata dalla fervente introduzione di Siqueiros.
Nel 1930 Tina viene espulsa dal Messico (le organizzazioni comuniste sono messe al bando) ed assieme a Vittorio Vidali conosciuto qualche anno prima, rivoluzionario nonché esponente del Komintern – l’organizzazione internazionale dei partiti comunisti – raggiunge Berlino ed in seguito Mosca. Qui lascia da parte la fotografia per dedicarsi al Soccorso Rosso Internazionale e sino al 1935 presta aiuto ai perseguitati politici toccando molte città europee come Vienna, Parigi e Madrid.
Una volta tornata in Messico la vita non è per nulla facile, presta soccorso ai reduci e vive facendo traduzioni. Si spegne prematuramente nel 1942, colpita da infarto.
Lungo il corso della sua frenetica vita ha avuto modo di incontrare molte personalità di spicco appartenenti al mondo artistico e culturale; solo per citarne alcuni, oltre ai già sopra nominati, conosce fotografi come Dorothea Lange, Robert Capa e Gerda Taro, la pittrice Frida Kahlo, gli scrittori Egon Erwin Kisch ed Hemingway.
Attrice, modella, fotografa, viaggiatrice, militante, attivista. Intricata, sfaccettata, mossa costantemente dalla passione per la politica, l’etica e la civiltà. A quasi 120 anni dalla nascita di questa figura poliedrica ed emblematica una nuova mostra le rende omaggio. Nelle sale di Casa Cavazzini sono presenti ben 150 fotografie, alcune anche inedite, come la serie di 18 scatti delle Scuole libere di agricoltura, esposta per la prima volta in Europa. Inoltre, grazie al lascito della sorella Jolanda, il visitatore ha la rara possibilità di prendere visione di alcuni documenti privati come lettere, ritratti, passaporti e cartoline di famiglia.
Lo stile di Tina è unico e riconoscibile. In continua evoluzione, fotografa dapprima la natura (indimenticabili le sue calle), i paesaggi, gli interni, per poi lasciarsi catturare sia dai movimenti dei lavoratori – come manifestazioni e proteste sindacali – sia dalle condizioni di vita del basso ceto come braccianti e operai, costretti a vivere il più delle volte nella povertà più infame e in condizioni miserabili. La sua lente si sofferma ora sulle vesti sgualcite, ora sui visi deturpati dalle condizioni atmosferiche avverse, ora su mani e piedi usurati dal duro lavoro. Il percorso tematico di Tina mostra una chiara maturazione e presa di coscienza prestando il suo occhio in favore di una precisa denuncia socio-popolare. I suoi scatti sono veri, di una sincerità disarmante, nessun orpello o ritocco. Riprende la vita che la circonda, così com’è.
“Cerco sempre di lottare per modellare la vita secondo il mio temperamento e le mie necessità. In altre parole metto troppa arte nella mia vita, troppa energia, e di conseguenza non mi rimane molto da dare all’arte”.
Alice Biondin
La mostra Tina Modotti, la Nuova Rosa. Arte, storia e nuova umanità presso Casa Cavazzini è visitabile sino al 28 febbraio. Per maggiori info www.casacavazzini.it/mostre/tina-modotti-la-nuova-rosa/