a Castelfranco Veneto
dal 12 dicembre 2009 al 11 aprile 2010
Le celebrazioni della figura dell’artista Giorgio da Castelfranco, detto Giorgione, (Castelfranco Veneto 1477/78 – Venezia1510) iniziano nel maggio 2009 all’apertura del Museo Casa Giorgione, nel cui contesto nel centro storico di Castelfranco prende forma l’allestimento della mostra che ricostruisce il contesto storico in cui opera l’artista. In mostra le opere, i contesti iconografici con disegni e incisioni dell’epoca, gli ambienti e le ricostruzioni architettoniche. A lato della casa-museo il Duomo in cui è storicamente ospitata la magnifica Pala di Castelfranco (Madonna col Bambino e i santi Nicasio e Francesco) probabilmente il più grande patrimonio pittorico della città.
a cura di Enrico Maria Dal Pozzuol e Lionello Puppi
Il catalogo ampiamente documentario e curato è edito da Skira, costa 60 euro
dettaglio del "Tramonto (Filottete e Lemno)"
dettaglio de "La tempesta"
"Cristo portacroce", quadro taumaturgico
Francesco Colonna (Venezia 1433 – 1527) "Hipnerotomachia Poliphili" 1499
Una nota di amore personale: in mostra anche un libro stampato da un personaggio di grandezza speciale: il Dechamerone di Giovanni Boccaccio (Certaldo 1313 – 1375) stampato da Bartholomeo de Zanni a Venezia nel 1510
Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana
"Madonna col bambino e santi Nicasio e Francesco" (Pala Castelfranco nel Duomo)
La fiera di carnevale
Dal sito ufficiale della mostra
Sono poche le certezze sulla vita di Giorgione: i documenti che scandiscono la sua biografia si contano sulle dita di una mano e sono tutti relegati nella parte finale della sua vita che si spegne, prematuramente a causa della peste, nel 1510.
Neppure il suo nome è citato nel Cinquecento ed egli è sempre indicato con la provenienza geografica "da Castelfranco" oppure, come succede in un inventario del 1528, come "Zorzon", soprannome che per Vasari deriverebbe "dalle fattezze della persona et la grandezza dell’animo" Il primo documento certo è l’iscrizione del 1° giugno del 1506 dietro la Laura di Vienna attribuita al maistro Zorzi da Chastelfranco che viene dichiarato come "cholega" del pittore belliniano Vincenzo Catena. Sono invece attestati tra il 1507 e il 1508 i pagamenti da parte del Senato di Venezia per la realizzazione da parte di Giorgione di un telero, dal soggetto imprecisato, da collocare nella nuova Sala dell’Udienza del Consiglio dei Dieci in Palazzo Ducale. Altra notizia certa si ricava dal documento dell’8 novembre 1508 relativo ad un’azione legale intentata dall’artista per il mancato compenso degli affreschi del Fondaco del Tedeschi a Venezia.
Infine il rapido carteggio del 1510 tra Isabella d’Este e Taddeo Albano, suo funzionario a Venezia, oltre a permettere di accertare la prematura scomparsa dell’artista "pochi giorni prima", dichiara la fama di Giorgione anche in terra estense. Isabella dimostra però di non conoscere bene l’opera del pittore e chiede al suo "agente" di prendere informazioni sul possibile acquisto di "una pictura de una nocte, molto bella e singulare rimasta nella "heredità" dell’artista, valutando se sia davvero valida. L’incertezza sulla biografia dell’artista colpisce anche Giorgio Vasari che, nelle due versioni delle sue Vite apporta per quanto concerne la biografia di Giorgione numerosi cambiamenti.
Nella prima versione del 1550, Giorgione è fatto nascere a Castelfranco nel 1477 e lo colloca già dalla sua prima formazione, di cui non cita la bottega, a Venezia dove entra in contatto con circoli aristocratici con i quali condivideva la passione per le cose d’amore e per la musica. "Dilettossi continovamente delle cose d’amore, et piacquegli il suono del liuto mirabilmente: anzi tanto, che egli suonava et cantava nel suo tempo tanto divinamente, che egli era spesso per quello adoperato a diverse musiche, et onoranze, et radunate di persone nobili". Ma nella versione del 1568 l’aretino corregge l’anno di nascita dell’artista collocandola nel 1578 all’epoca del "doge Giovan Mocenigo, fratel del Doge Piero". Altro documento prezioso nel tentativo di gettare un po’ di luce sulla vita e sull’opera di Giorgione attraverso le fonti ci viene dal taccuino marciano del nobile Marcantonio Michiel, giovane amante delle arti che, a partire dal 1525, annota sintetiche descrizioni, corredate da precise indicazioni di paternità, dei quadri visti nelle case dei collezionisti veneziani: è lui che ci ha lasciato testimonianza di alcune opere sicure di Giorgione come La Tempesta
Opere che nel complesso ancora sfuggono, non solo relativamente all’autografia, ma anche nel loro più vero significato. Se i dipinti sopravvissuti e riconosciuti come suoi testimoniano infatti un’attività esclusivamente laica, civile o "privata" che dir si voglia (anche la Pala di Castelfranco è in realtà commissionata dal famoso condottiero Tuzio Costanzo), sono invece ancora molteplici le chiavi interpretative proposte per la sua pittura: esercitazioni filosofiche sul tema dell’amore di stampo neoplatonico, raffigurazioni legate alla letteratura classica, manifesti della cultura ebraica lagunare. E poi c’è la leggenda, e tutto quello costruito attorno alle poche fonti. Tra queste "invenzioni" va registrata anche quella della morte per "male d’amore" causata dalla fuga della sua amante con l’allievo Pietro Luzzo da Feltre. L’episodio, narrato solo nel 1648 da Carlo Ridolfi , non fa che confermarci una verità: l’opera di mitizzazione era già iniziata.