Organizzata dalla Biennale di Venezia e presieduta da Roberto Cicutto è stata presenta la 59. Esposizione Internazionale d’Arte dal titolo “Il latte dei sogni”, a cura di Cecilia Alemani. La pre-apertura si è svolta nei giorni 20, 21 e 22 aprile, la Cerimonia di premiazione e inaugurazione sabato 23 aprile 2022.
Fin dalla sua fondazione 129 anni fa, La Biennale di Venezia è evento mondano e promozione di nuove tendenze artistiche. Un mix raro dopo un secolo vissuto in nome delle avanguardie. Questa edizione conferma questa idea moderna e organizza l’evento di arte contemporanea sempre molto atteso in tutto il mondo. Confermato anche il modello pluridisciplinare.
La Biennale, nata nel 1895, fin dalla prima Esposizione Internazionale d’Arte è diventata nel tempo, un riferimento internazionale per tutto il ‘900. La prossima edizione nel 2024 sarà la 60esima edizione. Nel 1932 La Biennale raddoppiò aprendo la Mostra d’Arte Cinematografica, il primo festival cinematografico al mondo, che assieme alla Musica (dal 1930), al Teatro (dal 1934), all’Architettura (dal 1980) e alla Danza (dal 1999) danno una dimensione del portato culturale di contemporaneità messo in campo nella città/museo più antica al mondo. Connubio vitale, energia che scorre nei canali e nelle calli. Basterà questo propellente a tenere vivo un tessuto urbano che nel nuovo millennio ha raggiunto il minor numero di residenti mai visto per il capoluogo delle Trevenezie? Per chi ama Venezia più che una domanda questo è ormai un “incubo da profughi”, a cui prova a dare risposta la Mostra “Il latte dei sogni”. Tra il Padiglione Centrale e i Giardini e l’Arsenale, sono esposti 213 artiste e artisti provenienti da 58 nazioni, 26 artiste e artisti italiani, 180 le prime partecipazioni nella Mostra Internazionale, 1433 le opere in totale.
“La mostra Il latte dei sogni” prende il titolo da un libro di favole di Leonora Carrington (1917-2011), in cui l’artista surrealista descrive un mondo magico nel quale la vita viene costantemente reinventata attraverso il prisma dell’immaginazione e nel quale è concesso cambiare, trasformarsi, diventare altri da sé. È un universo libero e pieno di infinite possibilità, ma è anche l’allegoria di un secolo che impone una pressione intollerabile sull’identità delle donne. Nello specifico forzando Carrington a vivere come un’esiliata, rinchiusa in ospedali psichiatrici, perenne oggetto di fascinazione e desiderio, ma anche figura di rara forza e mistero, sempre in fuga dalle costrizioni di un’identità fissa e coerente. A chi le chiedesse quando fosse nata, Carrington rispondeva che “era stata generata dall’incontro tra sua madre e una macchina”, in una bizzarra comunione di umano, animale e meccanico che contraddistingue molte delle sue opere.
Il tema tratto dal racconto fa emergere molte domande sulla sopravvivenza stessa dell’umanità, assieme a molte che dominano le scienze, le arti e i miti del nostro tempo. Pone interrogativi e aspettative raccolti da questa edizione della Biennale Arte, nelle tre aree tematiche esplorate: la rappresentazione dei corpi e le loro metamorfosi; la relazione tra gli individui e le tecnologie; i legami che si intrecciano tra i corpi e la Terra.
Come sta cambiando la definizione di umano? Quali sono le differenze che separano il vegetale, l’animale, l’umano e il non-umano? Quali sono le nostre responsabilità nei confronti dei nostri simili, delle altre forme di vita e del pianeta che abitiamo? E come sarebbe la vita senza di noi?
L’esperienza globale del Covid-19 e l’incerta etica dell’A.I. hanno raffreddato le interazioni umane dietro schermi e dispositivi elettronici. L’evo post-umano si allunga fino a oggi. Sostiene la curatrice nella presentazione: “Molte artiste e artisti contemporanei stanno immaginando una condizione postumana, mettendo in discussione la visione moderna e occidentale dell’essere umano – in particolare la presunta idea universale di un soggetto bianco e maschio, “uomo della ragione” – come il centro dell’universo e come misura di tutte le cose. Al suo posto, contrappongono mondi fatti di nuove alleanze tra specie diverse, abitati da esseri permeabili, ibridi e molteplici, come le creature fantastiche inventate da Carrington. Sotto la pressione di tecnologie sempre più invasive, i confini tra corpi e oggetti sono stati completamente trasformati, imponendo profonde mutazioni che ridisegnano nuove forme di soggettività e nuove anatomie”.
Gli artisti riflettono riconsiderandoci corpi mortali, non invincibili, non autosufficienti, in un sistema di dipendenze simbiotiche nei legami con gli altri, con altre specie e all’interno di un unico pianeta. Oltre l’antropocentrismo, riscoprono forme di conoscenza locali e nuove politiche identitarie.