Ivan Grubanov: United Dead Nations al Padiglione Serbo della 56th Biennale di Venezia

0
842

Alla 56 Venezia Art Internazionale Biennale 2015 il lavoro di Ivan Grubanov “United Dead Nations” per il Padiglione Serbo impatta con una crescita emotiva che passa rapidissima dal più che minimale allestimento di vessilli buttati a mucchi per terra alla rappresentazione di un complesso decadimento politico e culturale degli Stati rappresentati: morti.

L’intervento pittorico sulle bandiere ammassate sul pavimento rallenta la decodificazione del simbolo che rappresentano, amplificando il fatto stesso che non ci sia più nulla da rappresentare.

Queste tele sono senza cornice, ammonticchiate a terra. Non sono più bandiere, e nemmeno stracci. Sembra di essere difronte a un ospedale da campo scomparso, dissolto dalla vergogna, che ha lasciato a terra dei post emblemi, degli inni stonati senza un idioma probabile. Dei simboli pubblici divengono ostativi del loro stesso essere appartenuti a una vibrazione identitaria diffusa e complessa, tale da ribaltarsi in un ammasso inerte e anti-pubblico. Del tutto impossibile da incorniciare come un’icona.

Il lavoro di Ivan Grubanov, come viene presentato dalla curatrice Lidija Merenik nel testo del bel catalogo “Memory, on the other side of history”, va riferito al comportamento artistico counterpublic (Michael Warner, Publics e Counterpublics, New York, Zone Books 2002): diversamente dalla retorica ufficiale che esclude gli interessi dei potenziali partecipanti, denuncia la non coesione del pubblico, il quale in realtà risulta composto da svariati counterpublics riflessivi che rispondono partecipatamente. Un complesso meccanismo che fa riferimento alle improbabili rappresentazioni che il capitalismo impone a quelle che ci ostiniamo a chiamare democrazie dirette.

Un futuro possibile attraverso la cancellazione, così vengono rappresentate dieci nazioni scomparse nello scorso secolo. L’impero Austro-Ungarico (1867–1918), l’impero Ottomano (1299–1922), Gran Colombia (1819–1930), il Tibet (1913–51), la Repubblica Araba Unita (1958–71), il Vietnam del Sud (1955–75), la Repubblica Democratica Tedesca (1949–90), l’Unione Sovietica (1922–91), la Cecoslovacchia (1918–92) e la Jugoslavia (1918–2003). Questo percorso nell’allestimento di Ivan Grubanov attraversa una dimensione temporale che, evadendo da una cronologia ufficiale della storia, fuoriesce dalle pareti del padiglione per contaminare un’idea di futuro che non sarà facile da condividere. In questo un ruolo fondamentale sarà giocato dalla post-memory dei “born after”

Alberto Balletti

(photo by A.Balletti)